Diritto Ambientale

Tutela dall’inquinamento acustico nell’ordinamento italiano

Definizione dell’inquinamento acustico

Questa forma di inquinamento è poco conosciuta nella nostra società, ma trova una sua definizione già nella legge quadro n. 447 del 1995, che lo indica, all’art. 2, come: “L’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane […] o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi”.

Perché assume importanza ?

Come emerge dal testo, la necessità di una disciplina contro l’inquinamento acustico è sorta per gli effetti negativi accertati salute umana e sull’ambiente; di questo si è fatto anche portavoce la relazione dell’AEA “Environmental noise in Europe-2020”[1], il quale evidenzia al suo interno come, ancora nel 2020, gli obiettivi posti per ridurre l’inquinamento acustico non siano stati raggiunti e che numeri abbastanza elevati di popolazione sia affetto da disturbi a causa dell’esposizione a lungo termine a questa forma di inquinamento.[2]

L’inquinamento acustico, infatti, comporta danni all’apparato uditivo, al sistema nervoso, all’apparato cardiovascolare e manifesta effetti anche durante il sonno poiché il nostro corpo reagisce alle fonti di rumore in forma più involontaria durante i momenti di riposo;

La normativa italiana esistente in materia

La prima normativa in vigore in Italia, per rispondere alle esigenze suddette, è stato il d.p.c.m. 1 marzo 1991 che ha previsto la cosiddetta “zonizzazione”, cioè la divisione, all’interno dei comuni, in 6 zone, ognuna con propri limiti di esposizione al rumore a seconda  della destinazione d’uso del territorio.

Le classificazioni, inoltre, riguardavano sia le zone industriali che quelle non esclusivamente industriali, indicando, in quest’ultimo caso, come si dovesse distinguere i limiti delle fonti di rumore tra periodo notturno e diurno, tra rumore ambientale e rumore residuo.[4]

Nel caso di violazione di tali limiti, la normativa prevedeva, inoltre, i piani regionali annuali di intervento per la bonifica dell’inquinamento acustico (articolo 3 e 4, d.p.c.m. 1 marzo 1991).

La legge n. 447/1995, legge quadro sull’inquinamento acustico

Successivamente, è stata introdotta la legge n. 447 del 1995. Questa legge è considerata la “legge-quadro” della materia e prevede una serie di valori necessari per limitare l’inquinamento sia dell’ambiente esterno che interno, consistenti: nella definizione delle sorgenti sonore fisse (es. impianti tecnici degli edifici, infrastrutture stradali, ferroviarie e aeroportuali, le aree disposte per le attività sportive e  ricreative, impianti eolici) e sorgenti sonore mobili.

Inoltre vengono delineati i valori limite di emissione delle sorgenti sonore, tenendo conto del tipo di sorgente, del periodo della giornata e del genere di zona in cui viene prodotto il rumore (es. zona industriale o residenziale), così come i valori limiti di immissione e ulteriori valori (art. 2, l. n.447/ 1995).

Ulteriori indicazioni su questi valori sono spiegati all’interno dell’articolo “Inquinamento acustico e come misurarlo” sempre presente sul sito di E-nsight.

L’art. 2 indica anche come le misure applicabili possano essere di vario genere (amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale) e opera una descrizione anche dei principali generi di provvedimenti di limitazioni sonore.

Principalmente si individuano prescrizioni relative ai livelli sonori ammissibili e i metodi di misurazione del rumore; procedure di collaudo, omologazione e di certificazione che riconoscano il rispetto ai requisiti sonori ammissibili dei prodotti; piani di trasporti urbani del traffico; i piani dei trasporti provinciali o regionali per la mobilità extraurbana (es. strade, ferrovie, aeroporti); la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di attività rumorose.

Quali misure adottare in caso di violazione?

Anche in questo caso, se le aree individuate non rispettino i valori previsti, vengono stabiliti da parte dei comuni dei Piani di risanamento acustico.

I Piani prevedono una disciplina specifica: sia per la violazione dei valori di riferimento del rumore, sia per le diverse forme di rumori  presenti nelle varie aree; sono descritte le figure più adatte per svolgere gli interventi e l’indicazione delle priorità e dei tempi per il risanamento. (articolo 6 della legge n. 447 del 1995).

Ulteriori misure e sviluppi

La legge stabilisce come i progetti soggetti a VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) debbano essere  obbligatoriamente correlati da una documentazione  sull’impatto acustico.

Non mancano, però, casi in cui la documentazione sia anche richiesta dai comuni come nei casi di aeroporti, strade, ferrovie, ma anche discoteche (art.8, l. n.447/1995).

La valutazione per l’impatto acustico deve essere, inoltre, contenuta nelle domande per il rilascio di concessioni edilizie di attività produttive, commerciali polifunzionali, con l’eventuale indicazione delle misure  per ridurre le emissioni sonore.[5]

Successivamente, un nuovo decreto legge n. 194/2005 di attuazione della direttiva europea 2002/49/CE, ha previsto l’adozione della mappatura acustica strategica, cioè una mappa per valutare i livelli di rumore in determinate zone.

La mappa individua i livelli basandosi sugli indicatori acustici europei Lden e Lnight: Lden misura il disturbo dell’esposizione ai rumori durante il giorno; Lnight è il descrittore acustico notturno dei disturbi del sonno ( dalle ore 22:00 alle 6:00).

È da sottolineare come tale mappa, però, sia globale e non debba essere  confusa con la “zonizzazione” (d.p.c.m. del 1 marzo 1991).

Gli ultimi provvedimenti per la tutela dell’inquinamento acustico (ancora incomplete)

Per ultimo, il governo ha adottato due decreti-legislativi (n. 42/2017 e n. 41/2017) che prevedono l’armonizzazione della normativa italiana con le direttive europee in materia ambientale e specificatamente nella tutela dall’inquinamento acustico. I due nuovi atti sono posti con l’obiettivo di ridurre le procedure di infrazione per la mancata attuazione delle direttive in materia di rumore ambientale.

Questi, in particolare, prevedono nuove disposizioni per quanto riguarda l’applicazione dei valori limite e modifiche riguardanti il decreto legislativo numero 194 del 2005.

In particolare, il decreto-legislativo n. 42 del 2017, oltre ad occuparsi delle mappe acustiche, della valutazione dell’impatto acustico nella fase della progettazione dell’infrastrutture (per evitare un pericolo per la popolazione), prevede un apposita disciplina riguardante gli impianti eolici (art. 14).[6]

L’articolo 14 è collegato all’articolo 18 del decreto e inserisce il rumore degli impianti eolici nella definizione di “sorgenti sonore fisse”, regolamentandolo  rispetto al passato.  Con decreto ministeriale si dovevano individuare i criteri per la misurazione del rumore e il contenimento dell’inquinamento  prodotto dagli stessi impianti .[7]

Il termine per l’adozione era il 16 ottobre del 2017, ma, ancora oggi, l’atto ministeriale di competenza del Ministero dell’Ambiente (di concerto con ulteriori ministeri) manca.

La disciplina vigente per la regolamentazione dell’eolico

In attesa della disciplina, dunque,  per l’inquinamento acustico degli impianti eolici si dovranno utilizzare le linee guida previste in conformità alla normativa del d.p.c.m. 14/11/1997 e la L. 447/1995 e della CEI EN 61400-11.

Si deve considerare, però, che l’ultima norma è riferita specificatamente  ai parametri per un particolare genere di emissione acustica di una turbina e con scopi, in parte, differenti dalle linee guida.

L’obiettivo principale delle linee guida, invece, è quello di “misurare l’immissione acustica di un impianto eolico in diversi punti ricettori, al fine di caratterizzarne l’emissione livelli di rumorosità residua […]”.[8]

Esse permettono di ricavare i rumori riguardanti livelli di rumore ambientale e il livello di rumore residuo, quello di emissione degli aerogeneratori e il livello differenziale.

In particolare, per misurare il livello di rumore residuo è necessario acquisire dati come la velocità e direzione del vento vicino il ricettore che serviranno a raccogliere le reazioni acustiche con gli ostacoli.

Tali procedure non possono, però, essere applicate agli impianti eolici composti da aerogeneratori “inferiore a 30 m e/o potenza inferiore a 50 kW (impianti di minieolico)” per le differenti caratteristiche.

Per ulteriori informazioni si rimanda al documento Ispra sul sito: https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/linee-guida-per-la-valutazione-e-il-monitoraggio-dell2019impatto-acustico-degli-impianti-eolici

 

 

 

Fonti

[1] https://www.eea.europa.eu/publications/environmental-noise-in-europe

[2] L’AEA valuta come l’inquinamento acustico contribuisca a causare 48 000 casi di cardiopatie ischemiche l’anno e 22 milioni di persone soffrirebbero di  irritabilità cronica; inoltre, la vicinanza a fonti di inquinamento acustico ( rumore di aerei) ha provocati danni alla capacità di lettura di molti bambini.

[3]C. M. Grillo, L’inquinamento acustico, tratto da Tuttoambente

[4] Il DPCM 14 Novembre del 1997 ha individuato ulteriormente le aree, dividendole in: zona I quella riguardante le aree ospedaliere e scolastiche; la zona II viene indicata insieme alla zona III e IV perché sono caratterizzate tutte da un’ influenza delle attività umane e dei mezzi; la zona V e VI riguardano  aree prevalentemente industriali e sono individuati dal Piano Regolatore Generale.

[5] Redazione Altalex, L’inquinamento acustico, tratto da Altalex, 2020

[6]Normativa italiana sull’inquinamento acustico, tratto da Inquinamento Italia

[7]Inquinamento acustico: nuove norme per l’eolico, tratto da Rinnovabili.it, 2017

[8] Ispra, Linee guida

Gilda Suma
Laureata in giurisprudenza e interessata particolarmente alle applicazioni del diritto nella tutela dell'ambiente. La materia è ancora relativamente giovane, ma sono convinta che l'attenzione delle nuove generazioni permetterà uno sviluppo fiorente nel settore.

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