Sviluppo del sito ZAC nella città di Saint Martin, Francia
Sviluppo del sito ZAC nella città di Saint Martin, Francia.
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Le politiche di riprogettazione urbana sul territorio francese

Il tema dell’inutilizzo di ingenti spazi urbani di tipo industriale ricopre un ruolo centrale all’interno della letteratura edile, definendo quei particolari ambienti, non più utilizzati per le iniziali attività per cui sono stati concepiti.

Difatti, l’architetto Gianluca Giovannelli, autore di numerose ricerche su tematiche inerenti alla pianificazione e progettazione urbana e territoriale, affermò che: «il fenomeno della dismissione e del continuo adattamento e trasformazione dello spazio urbano appartiene a quel processo fisiologico che è insito nell’evoluzione degli usi e della forma della città stessa», sottolineando che il problema del riuso di aree dismesse ha interessato molti contesti urbani già in epoche precedenti.

 

La riorganizzazione dell’assetto urbano

La dismissione può interessare diverse aree: l’industria; i servizi riguardanti le attività produttive (ad esempio scali marittimi e fluviali, magazzini, strade e ferrovie, ecc.) e le installazioni di carattere generale, la cui ricollocazione implica lo svuotamento di grandi infrastrutture quali zone militari e ospedali.

Le riconversioni delle aree industriali vicino le zone cittadine, hanno rappresentato un punto di svolta strategico per il funzionamento e l’organizzazione, data la vastità della superficie e le evidenti qualità fisiche, che apportano un fondamentale arricchimento dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, oltre che una netta trasformazione infrastrutturale.

Al giorno d’oggi, una delle questioni di forte interesse urbanistico è rappresentata da come le operazioni di riuso possono effettivamente ridefinire interi spazi territoriali, come la Francia, che presenta più di qualsiasi altro stato europeo, una imponente riorganizzazione del proprio assetto urbano, modificandone la base economica attraverso le politiche di riuso di vaste aree dismesse.

Con la crisi economica dei primi anni Settanta, l’amministrazione francese sviluppò diverse forme d’uso del suolo, concentrandosi maggiormente sulla riapertura di grandi aree abbandonate. L’architetto Cristina Bianchetti, nel saggio “Il dibattito sulle aree dismesse in Francia” (1984), classificò una prima fase, che ebbe come obiettivo la ristrutturazione di vecchie fabbriche abbandonate; ed una seconda fase sulle procedure di trasformazione di aree inutilizzate per un lungo periodo. Questi spazi abbandonati o sottoutilizzati chiamati friche industrielle, sono stati riqualificati con soluzioni su scala nazionale il più delle volte, data la loro estensione.

 

Tutelare l’abbandono industriale

Per la trasformazione delle friches industrielles, a partire dagli anni Sessanta, i comuni francesi hanno emanato differenti leggi urbanistiche, proprio per salvaguardare quelle vaste aree, allo scopo di stabilirne le destinazioni d’uso (ad esempio a livello infrastrutturale). Per questo motivo furono create le Zone di Sviluppo Comune, anche chiamate Zones d’Aménagement Concerté (Zac), intendendo quelle aree estese utilizzate per la realizzazione e vendita di strutture concepite per l’urbanizzazione primaria ed i servizi pubblici. Le Zac servirono soprattutto per intervenire e riqualificare aree altamente degradate.

 

Una friche industrielle nella città di Boulogne-sur-mer (Pas-de-Calais), Francia.

 

Solamente nella città di Parigi, negli anni Ottanta, 17 zone di sviluppo comune divennero note per il loro stato di abbandono particolarmente rilevante. Agendo sulla tutela della destinazione industriale ed il suo perfezionamento ambientale e residenziale, è stato possibile attuare dei veri e propri recuperi edili di strutture industriali abbandonate. Tra le diverse zone interessate da questi ingenti cambiamenti, vale la pena ricordare la Zac Citröen-Cevenne e le aree degli ex gasometri parigini.

 

Un esempio di riuso industriale: Le Lieu Unique

Un altro valido esempio è il recupero della struttura dell’ex biscottificio “Lefèvre-Utile” (LU), nella città di Nantes. Dal 1895 la fabbrica di biscotti LU divenne ben presto famosa per la sua produzione e innovazione.

La stessa struttura dello stabilimento rappresentava un modello di progresso architettonico unico nel suo genere, poiché era costituita da due torri in stile art nouveau, dove vi si poteva ammirare il famoso logo del biscottificio.

A seguito del suo abbandono nel 1986, la struttura venne inserita in un programma di riconversione edile e nel 1994 il Centre de Recherche et de Développement Culturel (CRDC), un’associazione culturale della città di Nantes, riconvertì la fabbrica in un centro di eventi ricreativi.

 

Le Lieu Unique in Francia.

 

L’ormai ex fabbrica nel 2000 cambiò nome in Le Lieu Unique, riconosciuto a livello internazionale come luogo creativo attraverso l’uso di arti e spettacoli. Il nuovo marchio, ispirato al precedente del biscottificio, spicca sull’unica torre rimasta, successivamente restaurata.

 

L’importanza degli eco-quartieri

L’ondata di riprogettazione urbana sul territorio francese apportò agli inizi del 2000 non poche novità nel campo del recupero industriale, con una forte attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale. Nel 2007, due banche dati archiviarono circa 400.000 siti potenzialmente inquinanti per lo sfruttamento del suolo da parte di industrie o simili. Il fine era di informare e valutare, proponendo strategie di risanamento soprattutto per i terreni inquinati e per chi vi risiedeva. Nel dicembre dello stesso anno, nasce la Grenelle de l’Environnement, una serie di incontri politici per lo sviluppo sostenibile e l’ambiente, attraverso un modello denominato “verde e blu”, allo scopo di creare una rete ecologica di spazi verdi, con l’intento di trasformare alcune zone in veri e propri eco-distretti.

 

L’eco-quartiere del l’Union nella città di Lille, Francia.

 

Tra i più importanti ricordiamo l’eco-distretto dell’Unione, uno dei maggiori centri industriali di Lille. Vasto circa 80 ettari, inizialmente si articolava tra industrie, fabbriche e abitazioni di operai, divenuto con l’abbandono uno dei siti maggiormente inquinati del nord della Francia. Nel 1992 questa zona, inserita in un progetto denominato “Città rinnovata”, si occupò di riconvertire alcuni grandi progetti metropolitani. A seguito della riconversione, alcuni edifici del precedente quartiere industriale rimasero, come la fabbrica di birra Terken.

 

Le Parc de l’Union lungo il canale di Roubaix nella città di Tourcoing, Francia.

 

 

 

 

Conclusioni: I risultati di una politica edile

L’abbandono di vaste aree industriali può portare, dunque, a un largo periodo di riconversione. Gli esempi rappresentati infatti, mostrano quanto questo processo sia talvolta complesso da avviare. Le problematiche sono varie: una trasformazione urbana con diverse sfaccettature dove i fautori, sia pubblici che privati, si fanno carico di un consistente iter progettuale. Tutto ciò  dipende soprattutto dalla risorsa economica e dalla difficoltà di reinserire lo spazio nel sistema delle attività urbane.

Nel caso francese, la riconversione territoriale ha avuto una procedura progettuale più articolata e complessa, disponendo di un quadro economico-territoriale più articolato. Diversi progetti sono nati nel corso degli anni, sfruttando questa trasformazione come risorsa e come opportunità di sviluppo di ex aree industriali. Il loro riuso ha apportato differenti innovazioni in ambito di riqualificazione delle aree interessate: la ricollocazione di nuove attività a livello metropolitano, un miglioramento ambientale ed una migliore qualità della vita in alcuni spazi residenziali periferici.

 

Fonti:

Bianchetti, C. “Il dibattito sulle aree dismesse in Francia”, 1984.

Bianchetti, C. “Individualità dei fenomeni territoriali. Il caso delle friches industrielles”, 1988.

Bianchetti, C. “Urbanistica e sfera pubblica“, 2008.

Giovannelli, G. “Aree dismesse & riqualificazione urbana: strategie progettuali e modelli operativi per il recupero: il caso delle aree ex-Breda a Pistoia“, 1997.

Claudia Schirano
Dottoressa in Ingegneria Civile. Amante delle bellezze artistiche e culturali e della loro valorizzazione, interessata al recupero edile ma soprattutto ambientale, per il benessere sociale.

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