Diritto InformaticoTech

Software e PA: diritto di accesso al codice sorgente e diritti del programmatore

Il tema in analisi è il rapporto tra il diritto alla riservatezza riconosciuto al produttore di programmi informatici (algoritmi, software, codici) in qualità di inventore e il diritto di accesso ai dati da parte dei privati qualora questi ne abbiano interesse.

Nel caso specifico, i soggetti interessati all’accesso agli atti sono stati i partecipanti di un concorso pubblico che hanno lamentato delle irregolarità durante l’espletamento delle prove, avvenuto mediante l’impiego di un software.

I concorsisti, dunque, hanno richiesto all’amministrazione l’accesso all’algoritmo e ai codici sorgente del software adoperato al fine di accertare la causa delle irregolarità riscontrate.

La vicenda è stata oggetto di un contenzioso risolto dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 30/2020[1] depositata il 02.01.2020 e poi con la sentenza del Tar Lazio n. 7370/2020[2] in cui sono stati chiariti i principi fondamentali riguardo il rapporto tra i due diritti e i limiti di accesso al programma informatico impiegato nello svolgimento delle procedure della PA.

Occorre premettere che già con le sentenze (n. 2936/2019 e 8474/2019[3] depositate il 13 dicembre 2019) si è avuto un passo in avanti in tema di impiego dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione, poiché per la prima volta i Giudici hanno esteso la legittimità dell’algoritmo di intelligenza artificiale all’attività discrezionale della PA. Questo anche per creare un ponte più stabile e semplificato tra cittadini e PA che fosse orientato al futuro e al digitale.

La vicenda

Il contenzioso in esame è sorto tra:

  • il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR);
  • il gruppo di partecipanti del “Corso-concorso nazionale finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali”;
  • il Cineca – Consorzio Interuniversitario (autore del software).

I partecipanti hanno affrontato la prova scritta ricevendo un esito negativo e hanno ritenuto che ciò sia dipeso da una specifica funzionalità del software adoperato per la gestione della prova, che è stato giudicato diverso rispetto alle indicazioni fornite dal Ministero tramite un tutorial pubblicato sul sito dell’amministrazione.

Per la precisione, i candidati hanno sostenuto che:

  • il software non avrebbe previsto la funzione di salvataggio automatico delle risposte;
  • non avrebbe previsto la procedura di un salvataggio manuale delle risposte fornite ai quesiti;
  • nessuna funzione sarebbe stata prevista dalla tastiera del computer con un apposito pulsante “salva”;
  • alcuni di essi hanno fatto presente che nel corso delle operazioni si sarebbe verificato il blocco del sistema prima della scadenza del tempo previsto per terminare la prova.

Il Ministero (MIUR), quale amministrazione, non ha permesso l’accesso richiesto dai ricorrenti e pertanto i candidati hanno presentato ricorso al Tar di Roma, chiedendo l’accertamento del proprio diritto ad accedere e prendere visione del codice sorgente.

Il Tar ha accolto il ricorso presentato dai candidati, statuendo altresì che il Cineca – autore del software – non fosse tecnicamente qualificabile come soggetto “controinteressato” nel processo avviato poiché non inquadrabile in tal modo secondo la disciplina in vigore.

Tale pronuncia è stata appellata dal Ministero, contrario all’accesso agli atti, e si è pertanto adito il Consiglio di Stato.

Il programmatore del software come “controinteressato” nel processo

Anzitutto i Giudici del Consiglio di Stato hanno chiarito il concetto di soggetto controinteressato nel processo amministrativo.

Nel definire il termine hanno premesso che la nozione di controinteressato all’accesso dei dati è data dall’art. 22, comma 1, lett. c) l. 7 agosto 1990, n. 241[4], ossia:

si intendono controinteressati tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.

Il soggetto in questione deve essere pertanto titolare di un diritto alla riservatezza dei dati presenti nel documento.

L’amministrazione coinvolta nella dinamica è tenuta a valutare l’esistenza di controinteressati ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184[5], per il quale:

“…la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. I soggetti controinteressati sono individuati tenuto anche conto del contenuto degli atti connessi, di cui all’articolo 7, comma 2.”

Inoltre, richiamando ulteriori statuizioni del Consiglio di Stato in merito alla parte controinteressata, essa dovrebbe rinvenirsi nel soggetto, individuato o facilmente individuabile sulla base del provvedimento impugnato, titolare di un interesse “eguale e contrario a quello azionato dal ricorrente principale” – e quindi di un interesse al mantenimento della situazione esistente, messa in forse dal ricorso e fonte di una posizione qualificata meritevole di tutela conservativa – che sia suscettibile di essere pregiudicato dall’eventuale emissione di una sentenza di accoglimento del ricorso (Sent. Cons. Stato, sez. V, 6 giugno 2019, n. 3911[6]).

Nella causa in esame il Consiglio di Stato ha chiarito che prima ancora di stabilire il merito della causa sulla qualificazione o meno dell’algoritmo come “documento amministrativo suscettibile di accesso” o sulla prevalenza delle esigenze di trasparenza amministrativa sui diritti del produttore: “emerge la necessità di qualificare l’ideatore di un algoritmo oggetto di istanza di accesso come parte controinteressata all’ostensione, potendo questi, in caso di esibizione, vedere compromesso il diritto a mantenere segreta la regola tecnica in cui si sostanzia la propria creazione”.

Infatti la software house “Cineca” può vedersi lesa nei propri diritti di proprietà industriale (di cui al Codice della Proprietà Industriale – CPI) ed intellettuale (L. n. 633/1941) in caso di accesso ai dati, e subire una compromissione del diritto alla riservatezza sui prodotti segreti frutto della propria attività creativa.

Il pregiudizio si avrebbe tanto in relazione alle esigenze di riservatezza della procedura concorsuale quanto al diritto di riservatezza riconosciuto al titolare dell’algoritmo poiché si renderebbero note tutte le fasi di ideazione e strutturazione del software, oggetto di protezione secondo il diritto di proprietà intellettuale[7] e industriale.

In base alle suddette considerazioni, con la sentenza qui esaminata, il Consiglio di Stato ha disposto l’annullamento della sentenza appellata dal MIUR, con la quale era stato accolto il ricorso dei concorsisti e non riconosciuta la qualifica di parte controinteressata al Cineca, ed ha statuito la rimessione della causa al Tar in maniera che il processo possa celebrarsi, fin dal primo grado di giudizio, nel contraddittorio con il Cineca presente.

La sentenza sembra dunque dare importanza alla tutela dei diritti delle software house, le quali avranno diritto ad essere coinvolte nei procedimenti amministrativi di accesso ai dati in qualità di parti controinteressate come definite dalla legge.

Tuttavia il dibattito qui in breve esaminato non appare di semplice risoluzione poiché è necessario individuare un giusto bilanciamento tra il diritto di accesso dei dati e la tutela della riservatezza per evitare che i produttori dei programmi informatici subiscano violazioni dei propri diritti con conseguenti danni patrimoniali; e, allo stesso tempo, evitare che le necessità legate alla proprietà intellettuale del software diventino un ostacolo al legittimo diritto di accesso.

La sentenza del Tar Lazio

Dopo la rimessione della causa al Tar Lazio, i Giudici della Sezione Terza Bis, con la sentenza n. 7370/2020, hanno disposto l’accesso agli atti al codice sorgente come richiesto dai ricorrenti e negato dal MIUR. Il codice sorgente è stato considerato dai Giudici alla stregua di un documento amministrativo come disciplinato dalla legge n. 241 del 1990[8].

Non è stata accolta infatti l’obiezione del Ministero che ha definito il codice sorgente come un “contenitore vuoto” ossia un mero supporto che recepisce i dati ivi inseriti. Piuttosto è stato rilevato come sia necessaria una verifica del caso concreto e non stabilire mediante una regola di carattere generale l’accessibilità o meno al codice. Si deve, ha statuito il Tar: “procedere con una verifica, in concreto e caso per caso, sui contenuti delle istruzioni ivi contenute al fine di appurare se le stesse siano riferibile ad attività di pubblico interesse”.

I Giudici, nel motivare la decisione, hanno affermato che i partecipanti alla prova hanno: “un interesse diretto, concreto ed attuale ad accedere all’algoritmo del software con cui è stata gestita la prova selettiva che non hanno superato, atteso il ruolo svolto dal programma informatico nell’ambito di un’attività di indubbio rilievo pubblicistico, quale è quella riferibile ad un pubblico concorso”.

Dunque affrontando il tema del giusto bilanciamento tra i diritti di proprietà intellettuale della software house, interessata a non essere compromessa dall’ostensione del codice sorgente, e la necessità di trasparenza amministrativa, il Tar ha affermato che non si può non dare spazio al principio della trasparenza dell’azione amministrativa ritenendo che l’utilizzo di strumenti informatici per l’espletamento di procedure selettive pubbliche si ponga a servizio dei principi di buon andamento ed efficienza della PA.

In conclusione, quindi, si è stabilito:

  • l’accoglimento dei ricorsi presentati e, per l’effetto, l’ostensione del codice sorgente;
  • l’inammissibilità degli atti di intervento.

Statuendo sulla ostensione del codice sorgente del software si può dunque accertare se le irregolarità sono derivate da un malfunzionamento o vizio originario del programma informatico e comprendere gli errori per fornire una risposta chiara ai ricorrenti che avevano ricevuto un esito negativo a seguito della prova.

[1] Sentenza del Consiglio di Stato visionabile qui: https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=cds&nrg=201904299&nomeFile=202000002_11.html&subDir=Provvedimenti ; https://www.dirittoaccesso.it/sentenze/anno/2020/id/1073

[2] Sentenza Tar Lazio presente qui: https://juriswiki.it/decision/tar-del-lazio-sentenza-7370-del-2020/ e riferimento da: “Accesso a codice sorgente PA”, https://ordineavvocatiagrigento.it/?p=46451; “Concorso Dirigenti Scolastici, Tar Lazio: Cineca e Ministero devono consentire codice sorgente relativo alla prova scritta”, https://www.orizzontescuola.it/concorso-dirigenti-scolastici-tar-lazio-cineca-e-ministero-devono-consentire-codice-sorgente-relativo-alla-prova-scritta/

[3] In particolare il Consiglio di Stato, in relazione all’impiego dell’algoritmo nelle procedure della PA, ha sancito che: “L’utilizzo di procedure informatizzate, per la formazione della decisione amministrativa affidata a un software, nel quale vengono immessi una serie di dati così da giungere, attraverso l’automazione della procedura, alla decisione finale, pur se pienamente ammissibile, non può essere motivo di elusione dei princìpi che conformano il nostro ordinamento e che regolano lo svolgersi dell’attività amministrativa. In tale contesto il ricorso all’algoritmo va correttamente inquadrato in termini di modulo organizzativo, di strumento procedimentale ed istruttorio, soggetto alle verifiche tipiche di ogni procedimento amministrativo, il quale resta il modus operandi della scelta autoritativa, da svolgersi sulla scorta della legislazione attributiva del potere e delle finalità dalla stessa attribuite all’organo pubblico, titolare del potere”. Sentenza consultabile qui: https://www.neldiritto.it/appgiurisprudenza.asp?id=17679

[4] Si rimanda alla Legge del 7 agosto 1990, n. 241, presente qui: https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/1990_0241.htm

[5] D.P.R (Regolamento recante la disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi) visionabile qui: https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/statali/2006_0184.htm

[6] Sentenza Consiglio di Stato visionabile qui: https://renatodisa.com/ottemperanza-da-parte-dellamministrazione-soccombente-a-una-sentenza-di-primo-grado/#Sentenza_11_giugno_2019_n_3911. Ulteriori sentenze richiamate: Cons. Stato, V, 24 ottobre 2018, n. 6044; IV, 1° agosto 2018, n. 4736; III, 31 ottobre 2017, n. 5038; V, 2 ottobre 2014, n. 4933.

[7] Si richiama qui la Legge sul Diritto d’Autore che tutela il software quale opera dell’ingegno, che fornisce al suo autore tanto i diritti morali quanto quelli patrimoniali derivanti dalla creazione. L. n. 633/1941: http://www.interlex.it/testi/l41_633.htm

[8] Art. 22 L. 241/90: “è considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse.”

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Sofia Giancone
Laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Roma Tor Vergata in Diritto Commerciale con 110 e Lode. Sono specializzata in Tech Law & Digital Transformation e appassionata di temi legati alla privacy, personal data, IA, proprietà intellettuale, diritto d'autore, brevetti, contrattazione in ambito Tech e tutela dei contraenti. Credo che mai come ora sia importante restare al passo con il processo di trasformazione digitale e innovazione tecnologica ed approfondire come tali processi producano effetti nel mondo del diritto e della giurisprudenza.

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