Ingegneria Energetica

La sconfitta della paura del buio (Parte 1)

Nel corso dei secoli la vita quotidiana delle persone è stata scandita dal succedersi del ciclo giornaliero luce – buio. Quando calava la notte qualsiasi attività veniva cessata in quanto non era possibile proseguirla. Basti pensare che nel Settecento l’ unica illuminazione a disposizione delle cittadine erano le fiaccole poste nei pressi delle insegne delle osterie o delle porte delle città.
La prima “rivoluzione luminosa” si ebbe con lo sfruttamento dei combustibili fossili, come il carbone nel Settecento, e soprattutto l’uso del gas per l’illuminazione pubblica nel corso della prima metà dell’ Ottocento.
Nel 1879 ebbe inizio una seconda “rivoluzione luminosa” grazie al brevetto della lampada a filamento di carbone da parte di Thomas Edison; un dispositivo 20 volte più efficiente di una candela (che invece permetteva di trasformare in luce lo 0,01% dell’energia chimica della cera che bruciava), ma ancora poco efficiente nella conversione di elettricità in luce.

Lampada ad incandescenza

L’ evoluzione della lampada iniziò nel 1906 con l’introduzione delle lampade ad incandescenza a tungsteno in cui la luce viene prodotta dal riscaldamento (mediamente pari a 2 700 K) di un filamento di tungsteno attraverso cui passa la corrente elettrica.

 

Lampada ad incandescenza

 

Il filamento in tungsteno viene riscaldato mediante effetto Joule (la potenza elettrica viene convertita in energia termica) e portato a temperature tali che lo spettro di corpo nero corrispondente contenga componenti visibili sufficienti per illuminare. L’ aumento del riscaldamento però porta ad un aumento della resistenza elettrica e ad una conseguente diminuzione della corrente che scorre all’interno della lampada. Il funzionamento è assicurato fintanto che si instaura un equilibrio dinamico tra resistenza elettrica e potenza dissipata per effetto Joule.

 

 

Lampade ai vapori di sodio

Negli anni Trenta furono introdotte le lampade ai vapori di sodio dal colore giallo arancio e i tubi fluorescenti (erroneamente chiamati lampade al neon) e infine le lampade alogene negli anni Sessanta.

Le lampade ai vapori di sodio sono classificate come “lampade a scarica” e sono tuttora disponibili sul mercato in due diverse tipologie:

  • Ai vapori di sodio ad alta pressione (conosciute anche come “SAP”)
  • Ai vapori di sodio a bassa pressione

Le “SAP” vengono impiegate principalmente nell’ illuminazione stradale, mentre la tecnologia a bassa pressione vengono utilizzate per situazioni in cui si necessita un maggiore risparmio energetico.

 

Lampada ai vapori di sodio

 

Lampade alogene

Le lampade alogene sono delle particolari lampade ad incandescenza, tra le più utilizzate negli ultimi anni fino all’avvento delle lampadine al led.

Queste lampade sfruttano il ciclo alogeno che permette di triplicare il rendimento delle lampadine ad incandescenza. La miscela di gas nel bulbo presenta l’aggiunta di un gas nobile (che non partecipa al ciclo alogeno) come l’argon, il kripton o lo xeno che permettono di raggiungere temperature per il filamento di tungsteno di 3000 K. Il tungsteno evapora e reagisce con il gas formando alogenuro di tungsteno che entrando in contatto con il filamento incandescente si scompone e deposita nuovamente il tungsteno sul filamento stesso realizzando il ciclo alogeno di cui parlavamo prima.

lampada alogena

 

Lampade fluorescenti compatte

Nel 1980 sono state introdotte le cosiddette “lampade a risparmio energetico”, tecnicamente compact fluorescent lamps (CFL) che presentano un’ efficienza di conversione in luce 50 volte superiore alla lampadina di Edison.

Questa tecnologia permette di ottenere risparmi sui consumi fino all’80% per ogni singolo punto luce, costano di più ma hanno una vita più lunga (fino a 8/10 anni).

Questa tipologia è costituita da un tubo di vetro circolare/sagomato in modo da risultare più compatte (da qui il nome), oltre all’aspetto la differenza più visibile rispetto alle lampade ad incandescenza risiede nell’accensione: la CFL impiega più tempo per raggiungere la massima luminosità.

 

 

 

Il tubo possiede un rivestimento di materiale fluorescente dall’aspetto di povere bianca nella superficie interna dove viene creato il vuoto e introdotto un gas nobile (argon, xeno, neon, kripton) a bassa pressione e una piccola quantità di mercurio, che in parte evapora mescolandosi al gas.

Alle estremità del tubo vengono posizionati degli elettrodi, quando la corrente sollecita i gas a emettere radiazione nell’ultravioletto, il materiale fluorescente emette a sua volta radiazione visibile, ovvero… luce.

In questa conversione solo una parte dell’energia ceduta dall’ onda ultravioletta è trasformata in luce, la restante diventa calore che riscalda la lampada.

 

Nella prossimo articolo termineremo la rassegna dell’ evoluzione della lampade trattando nello specifico la tecnologia LED che sta rivoluzionando l’ illuminazione negli ultimi anni rimpiazzando con grandi risultati i precedenti modelli appena descritti.  Approfondiremo inoltre il concetto di efficienza luminosa e di inquinamento luminoso; a presto e come si suol dire in questi casi… to be continued!

La sconfitta della paura del (buio Parte 2)

 

 

Se siete interessati anche all’ energia solare rinnovabile vi invito a leggere i precedenti articoli: Pannelli solari e la loro evoluzione, Il collettore solare.

Fonti

Davide Burdo
Dottore in Ingegneria Energetica e studente della specialistica, appassionato alle tecnologie che sfruttano le risorse rinnovabili ed a modi innovativi per la produzione e distribuzione di energia, ritengo che la transizione energetica verso le "green energies" sia una grande possibilità di cambiamento.

    You may also like

    2 Comments

    1. Interessante!

    2. sintetico ed efficace

    Leave a reply

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *