Veduta aerea dell'Isle of Dogs.
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Le London Docklands: l’importanza del recupero edile in Gran Bretagna

Il rinnovato interesse dell’architettura inglese verso il patrimonio edilizio industriale è un fenomeno molto attuale, soprattutto ciò che riguarda il recupero di aree dismesse e della loro riconversione con destinazioni d’uso differenti. I progetti di pianificazione territoriale degli ultimi decenni hanno mirato alla riqualificazione e valorizzazione di queste aree, con particolare attenzione al sito delle London Docklands, costituendo così una nuova branca dell’architettura che porta necessariamente ad un approccio interdisciplinare, passando per la conoscenza della storia del nostro passato e presente industriale e non solo.

La questione della dismissione industriale trova le sue prime trattazioni sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista operativo in Gran Bretagna, dove un’ampia letteratura sull’argomento è stata prodotta già dagli anni Settanta.

Le politiche inglesi sul riuso edilizio

Un importante punto di svolta nel concetto di riuso è rappresentato dal recupero di aree industriali dismesse inglesi. Questo modus operandi, fondamentale per le politiche di riuso, è stato adottato successivamente anche in altri contesti urbani europei.

Per quanto riguarda le indagini eseguite su aree dismesse nel londinese, sono state coniate due espressioni differenti:

Derelict lands: letteralmente “aree degradate”, viene considerata quell’area inidonea a qualsiasi utilizzo, con all’interno una vasta gamma di situazioni quali: discariche e depositi di materiali di scavo, cave e miniere, linee ferroviarie, impianti militari ed altri terreni abbandonati.

Vacant lands: stanno ad indicare le cosiddette “aree vacanti”, ovvero quelle particolari zone che non sono utilizzate, o sono insufficientemente impiegate, ai fini dell’espletamento delle funzioni e degli obblighi dell’ente o dell’impresa pubblica.

Con il termine redevelopment invece, vengono individuate tutte quelle strategie di tipo urbanistico che vengono adottate per far fronte al problema appena elencato, tramite differenti processi di riqualificazione orientati ad uno sviluppo di tipo prettamente sociale ed economico.

 

Per far fronte ai dilemmi scaturiti dai vari processi di deindustrializzazione che hanno deformato il territorio, il Governo inglese ha adottato fino alla metà degli anni Novanta una serie di politiche, che possiamo raggruppare in tre tipologie differenti:

  • Lo spatial targeting; un insieme di azioni intraprese in specifiche zone urbane, ovvero aree di incentivazione imprenditoriale, dove la rilocalizzazione delle attività produttive è stata agevolata da esenzioni fiscali, agevolazioni finanziarie e semplificazioni nelle procedure di progettazione e approvazione.
  • Le partnerships pubblico-private; quelle società costituite dal Governo centrale, dalle Autorità locali e da privati per promuovere, organizzare e gestire la riqualificazione delle aree abbandonate, incentivando la partecipazione degli operatori privati negli interventi di riconversione attraverso ingenti finanziamenti statali. Tuttavia, un punto a sfavore di queste iniziative è che hanno spesso agevolato esclusivamente gli interessi del Governo e dei privati, allontanando il più delle volte le reali esigenze locali.
  • Le new agencies; tra le più rinomate ritroviamo le Urban Development Corporations (UDC), quegli enti di pianificazione e gestione urbanistica sotto il controllo diretto del Governo centrale, con lo scopo di valorizzare economicamente quelle aree urbane di più antica industrializzazione, caratterizzate da gravi situazioni di degrado fisico e sociale.

Da come abbiamo avuto modo di notare in queste politiche, la massima priorità è stata data alla rigenerazione economica e alla competitività industriale delle città interessate, senza però ottimizzarne l’assetto urbano, soprattutto nelle aree più degradate. Di conseguenza, le strategie e le politiche di intervento che dai primi anni Duemila hanno riguardato la sostenibilità dei processi di riconversione e le politiche di riuso delle aree industriali dismesse, sono state finalizzate per una maggiore compattezza urbana ed un prevalente aumento della qualità architettonica, da contrapporsi però alla tradizionale tendenza delle città inglesi al fenomeno della dispersione abitativa, ambientalmente insostenibile.

Le Docklands di Londra

Il particolare caso della Gran Bretagna, caratterizzato dal forte stato di degrado ambientale ed economico delle antiche aree industriali, ha incentivato la nascita di nuove strategie e piani di miglioramento territoriale, escludendo però la partecipazione al processo decisionale dei maggiori governi locali. Tutto ciò ha influito positivamente sulla concretizzazione di esclusive zone urbane, a discapito di una effettiva politica unitaria sul tema, che solo successivamente ha trovato il suo spazio di azione per via dei valori ambientali e per le risorse naturali atte a gestire gli interventi in queste particolari aree.

Il ricercatore inglese Joseph M. Schilling, in “The Revitalization of Vacant Properties: Where Broken Windows Meet Smart Growth” parte dal concetto di “sistemazione del degrado”, per analizzare e prevenire la diffusione del fenomeno della dismissione e arriva alla pianificazione di una crescita economica intelligente, evidenziando come molte città spendano risorse ed energie per il contenimento del fenomeno stesso.

Volendo analizzare uno dei numerosi casi di recupero di aree dismesse nel territorio inglese, è importante citare in esame una delle più note UDC; la London Docklands Development Corporation (LDDC) costituita nel 1981, si è occupata di gestire la trasformazione delle cosiddette Docklands, vaste aree su cui sorsero vecchie banchine portuali dismesse.

Nella figura seguente la zona portuale dei Docks:

 

Sito delle London Docklands.

 

L’area dove sorgevano i primi Docks era considerata la zona portuale più importante dell’epoca, sulle rive del Tamigi, e si articolava su 10 chilometri di costa con 2.800 ettari di superficie terrena occupata. La sua prima costruzione risale al 1640, partendo dall’area dei Georgian Docks, fino ad arrivare ai Royal Docks vicino Londra, costituendo uno dei più grandi magazzini portuali del mondo. Negli anni del suo maggior sviluppo, l’area dei Docks ebbe una forte crescita dell’attività portuale e industriale, trasformando la zona in un quartiere di operai e marinai, ma negli anni Sessanta l’intera economia del porto di Londra entrò in una forte crisi che costrinse l’area dei Docks ad una graduale chiusura, causando un progressivo processo di abbandono della zona.

La pianificazione della rinascita

Come è cambiato il sito di Canary Wharf (1986 – 2018).

 

A seguito di questa forte crisi che costrinse l’abbandono della vasta area portuale, le Dockslands intravidero una via di ricrescita dopo circa vent’anni dal crollo economico. Il merito di questa svolta è da attribuire alla LDDC, che nel 1981 riqualificò la zona portuale dismessa con un vasto programma immobiliare per trasformare tutta la zona in un polo finanziario londinese, partendo dal porre le basi per una crescita economica più solida. La nota new agency successivamente operò attraverso una lottizzazione del terreno, che permise la progressiva restituzione dell’area riqualificata alla popolazione londinese.

Le principali operazioni

La ristrutturazione della vasta zona portuale è stata caratterizzata da varie operazioni di riconversione e recupero dell’intero scenario. Una riconversione industriale soprattutto ambientale, che si dimostrò essere di esempio nei metodi di rinnovamento territoriale della nazione inglese, data la vasta gamma di interventi, 15 in tutto, organizzati dalla LDDC allo scopo di recuperare delle costruzioni già esistenti, oltre ad una attenta riqualificazione per poter poi valorizzare l’intera area portuale.

Le prime operazioni compiute riguardavano:

  • La costruzione di una metropolitana e di un sistema di aree pedonali e ciclabili per sviluppare l’accesso della zona;
  • Il rafforzamento dei principali servizi e della rete fognaria.

 

Canary Wharf nella fine degli anni ‘80.

 

Al vertice della riconversione progettuale, vi fu il programma di salvaguardia del Canary Wharf, una superficie di circa 30 ettari, localizzata nell’area centrale della Isle of Dogs. Questi lavori, ultimati intorno alla metà degli anni Ottanta, permisero al governo inglese di concedere alla popolazione ingenti agevolazioni sui terreni riutilizzati per un periodo complessivo di 10 anni, allo scopo di favorirne il ripopolamento industriale.

Conclusioni: Una visione di praticità

In questo articolo abbiamo provato a fornire una visione di insieme al tema del recupero di aree dismesse sul territorio britannico. È importante far notare che non sono solo le Docklands a detenere questo primato, ma non tutto ciò che è stato realizzato in passato è degno di essere tutelato, basti pensare agli ecomostri realizzati degli ultimi decenni, a partire dagli anni Settanta. È necessario, in questo caso, fare un’importante distinzione fra il concetto di tutela e salvaguardia e l’eccessiva tendenza al concetto di “musealizzazione”. Non tutto il patrimonio considerato ex industriale può essere abbandonato e allestito a cimelio da museo, ma può essere recuperato, riqualificato e adattato ai nuovi usi nel rispetto della memoria storica del sito e dell’impianto architettonico.

La strada del riuso adattivo per questi siti è la strada più semplice e sostenibile ma non l’unica soluzione. La riqualificazione delle aree dismesse, soprattutto in contesti di particolare interesse strategico, è anche sintomo della capacità di un sistema sociale locale di partecipare alle opportunità di innovazione del tessuto fisico e della propria struttura economica, attraverso la crescita dei poteri e delle competenze delle municipalità e dei governi locali.

 

 

Per altri articoli su queste tematiche consigliamo anche:

Fonti:

Marshall G. “London’s Docklands: An Illustrated History”, 2018.

Schilling, J. M.  “The Revitalization of Vacant Properties: Where Broken Windows Meet Smart Growth”, 2002.

 

London Docklands/London Docklands/London Docklands/London Docklands/

 

Claudia Schirano
Dottoressa in Ingegneria Civile. Amante delle bellezze artistiche e culturali e della loro valorizzazione, interessata al recupero edile ma soprattutto ambientale, per il benessere sociale.

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