Anguilla elettrica Photo by harum.koh from Kobe city, Japan (Electric eel (Electrophorus electricus)) [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons
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Scosse subacquee. Le scariche elettriche dei pesci elettrofori.

Nel corso dell’evoluzione, alcuni pesci hanno sviluppato la capacità di generare campi elettrici che possono arrivare a tramortire ed uccidere un uomo adulto.

Diverse specie ittiche sono in grado di captare campi elettrici, ma non tutti i pesci sono in grado di produrli. Quelli che hanno sviluppato questa capacità sono definiti pesci elettrofori e comprendono circa 400 specie.

Come è avvenuto tutto questo? All’incirca 100 milioni di anni fa, in alcune specie ittiche sono comparse speciali cellule muscolari, gli elettrociti. Queste cellule presentavano una particolare conformazione della membrana cellulare in grado di espellere ioni e creare una differenza di potenziale elettrico.

Questa caratteristiche si è mantenuta e modificata nel corso dei millenni ed ora i pesci elettrofori sono diffusi in buona parte del globo. La maggior parte delle specie abita i corsi d’acqua dolce di Africa e America del sud. Le torpedini sono invece un’eccezione, colonizzando i fondali marini di quasi tutti i mari, comprese le acque del Mediterraneo.

La loro classificazione viene abitualmente effettuata suddividendoli in base all’intensità di corrente che sono in grado di generare. Gli elettrofori forti possono produrre una scarica dell’organo elettrico (EOD) di alcune centinaia di volt e correnti che raggiungono 1 ampere. Queste specie utilizzano tale energia per difesa o per tramortire e uccidere le prede di cui si nutrono. Al contrario, gli elettrofori deboli generano una EOD molto bassa (spesso addirittura minore di 1 V), ma utile per orientarsi negli ambienti torbidi nei quali vivono.

Gli elettrofori forti più conosciuti sono le anguille elettriche, i pesci gatto elettrici e le torpedini, mentre tra quelli deboli ricordiamo il pesce elefante di Peter e il pesce coltello fantasma che sono specie comunemente allevate negli acquari domestici.

 

Anguilla elettrica (Electrophorus electricus) Photo by Steven G. Johnson [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html), CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) or CC BY-SA 2.5 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.5)], from Wikimedia Commons

Funzionamento elettrico

Ma come funzionano esattamente questi generatori elettrici animali? L’organo elettrico è costituito da tessuto muscolare modificato e attraversato da tessuto nervoso. Gli elettrociti che lo compongono hanno una struttura discoidale e sono strettamente adesi l’uno all’altro ed in grado di produrre ognuna un potenziale elettrico di 0,15 V. Queste cellule pompano ioni positivi esternamente, esattamente come si comportano le giunzioni neuro-muscolari, ma in quantità molto maggiore.

 

L’organo elettrico delle torpedini. Photo by Alexander Graetz [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html), CC-BY-SA-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/) or CC BY 2.5 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.5)], from Wikimedia Commons

Dalla natura al laboratorio

I sistemi sviluppati dai pesci elettrici sono stati ampiamente studiati e ricreati dall’uomo. Uno delle più curiose rivisitazioni è opera di ricercatori delle Università di Friburgo, in Svizzera e del Michigan, negli Stati Uniti. In uno studio pubblicato su Nature, i ricercatori hanno dimostrato come sia possibile sfruttare il modello animale per ricreare tecnologie applicabili alla vita quotidiana.

Con una speciale stampante hanno creato delle reti di goccioline di idrogel contenenti ioni sodio e cloro disciolti in acqua, alternati a goccioline di idrogel di acqua pura.
Hanno poi sovrapposto questi fogli con altri formati da ulteriori reti di idrogel dotate di specifiche capacità di diffusione di soli ioni sodio o cloro e li hanno pressati tra di loro.
In questo modo, le goccioline con gli ioni vengono a contatto e le goccioline “barriera” permettendo lo spostamento degli ioni carichi positivamente in una direzione e degli ioni cloro a carica negativa nell’altra. Questo spostamento di cariche genera una corrente elettrica.

Sfruttando la stessa tecnica di origami che permette anche il ripiegamento dei pannelli solari nei satelliti al momento del lancio, è possibile stampare tutte le goccioline di idrogel su uno stesso piano. Ripiegandolo e portando poi le goccioline a contatto, si può indurre al piegamento e portare alla formazione di un campo elettrico solamente nel momento voluto.

Nicholas Barbieri
Addetto alla comunicazione della Fondazione IMC - International Marine Centre di Torregrande (OR). Biologo con specializzazione in Ecologia ed Evoluzione. Comunicatore e Giornalista scientifico.

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