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“The AI Winter is coming!”: L’inverno delle Intelligenze Artificiali

Negli ultimi anni ne abbiamo sentito parlare molto, sempre più progetti ne integrano una e le sue applicazioni si estendono in diversi campi tra cui sanità, economia, trasporti e intrattenimento. Stiamo parlando dell’Intelligenza Artificiale (o AI Artificial Intelligence) di cui oggi vedremo le origini e la storia.

 

L’alba

Dagli anni 2000 ad ora, complice l’avanzamento e la diffusione di smartphone, tablet e computer sempre più sofisticati, siamo stati in grado di implementare tecnologie avanzate, partendo dagli assistenti vocali fino ad arrivare a vere e proprie AI al servizio dell’utente (es. Siri di Apple, Cortana di Microsoft o Google Assistant di Google). Tuttavia il concetto di Intelligenza Artificiale è ben più “vecchio”, ne parla in alcuni suoi scritti anche Alan Turing, matematico e informatico inglese famoso per aver trovato il modo di decifrare ENIGMA, la macchina utilizzata dai tedeschi per le comunicazioni, contribuendo alla vittoria della Seconda Guerra Mondiale da parte degli Alleati. Turing è famoso non solo per aver dato le basi all’informatica moderna ma anche per il suo test (Test di Turing) il cui scopo è stabilire se un’AI sia in grado di pensare.

Il Test si svolge in questo modo: si prende una prima persona che chiameremo A e tramite un sistema di messaggistica (quindi non faccia a faccia e nemmeno tramite messaggi scritti a mano) si fa parlare con altre due persone B e C. Lo scopo del gioco è indovinare chi fra B e C è il maschio e chi la femmina, ovviamente entrambi faranno in modo di mandare fuori strada A con indizi sbagliati (una variante del gioco prevede che venga indovinato chi è la macchina e chi l’essere umano). Successivamente viene introdotta una macchina al posto di B o C, se A verrà ugualmente ingannato, allora essa sarà ritenuta intelligente. Generalizzando, se il 33% dei partecipanti al gioco viene ingannato, la macchina viene ritenuta in grado di pensare. Il gioco in se è chiamato “Imitation Game” a cui ci si è ispirati per il titolo del film sulla vita di Turing (del quale consigliamo la visione!).

Ad ora, il test non è stato mai superato da nessuna AI fatta eccezione per un singolo caso, alquanto discusso: nel 2014 l’AI che risponde al nome di Eugene Goostman, partecipante ad un concorso tenutosi a Milton Keynes e a tema Test di Turing, è riuscita ad ingannare il 33% dei giudici (un paio d’anni prima era arrivata al 30%, non superando il test).

L’episodio è criticato e discusso a causa della natura stessa di Eugene: l’AI simula il comportamento e il ragionamento di un bambino di 8 anni, il che rende più semplice accettare risposte con poco senso logico e che effettivamente potrebbe dare un ragazzo di quell’età. Ad ogni modo, le previsioni di Turing sono state ancora una volta confermate, riguardo al suo test scrisse infatti che dal 2000 in poi le macchine sarebbero riuscite a ingannare più del 25% dei partecipanti al gioco.

Risale invece ai primi anni ’50 l’inizio della ricerca in questo settore, in particolare si attribuisce la formulazione dei due rami di ricerca (l’impostazione simbolica e l’impostazione connessionista delle quali parleremo nel prossimo articolo) ad un gruppo di studiosi e ricercatori riunitisi nel 1956 all’Università di Darthmouth, nel New Hampshire. Fra questi figurano Marvin Minsky, Claude Shannon, Nathaniel Rochester e John McCarthy. Fu, nello specifico, proprio quest’ultimo a nominare per la prima volta l’espressione “Intelligenza Artificiale”.

 

Winter Has Come

Nonostante i primi speranzosi progressi di entrambe le metodologie di sviluppo, ci si dovette confrontare con non pochi limiti. Il punto di stop non fu dato solo da problematiche teoriche ma anche dalla tecnologia non idonea e sufficiente da permettere fasi di sviluppo e test. Un altro fattore fu quello economico, con il taglio da parte del governo dei fondi destinati alla ricerca. Siamo quindi a metà degli anni ’70 e con la ricerca ormai ferma viene coniato il termine “Inverno delle IA” (Ai Winter) con riferimento all’espressione “Inverno Nucleare” (un ipotetico periodo di carestie e freddo post-guerra nucleare). Tale situazione rimarrà invariata per più di 8 anni, durante i quali ricordiamo il fallimento dei progetti riguardanti la traduzione istantanea da lingue diverse, in particolare il progetto ALPAC (Automatic Language Processing Advisory Commitee) sviluppato in piena Guerra Fredda dagli americani per tentare di tradurre in breve tempo le comunicazioni russe. In tal caso non fu tenuto conto della difficoltà di interpretazione del linguaggio con tutto ciò che ne segue (figure retoriche, modi di dire etc etc). Sempre in questo periodo vediamo anche l’abbandono dell’impostazione connessionista a favore di quella simbolica e gli ingenti tagli del DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) ai progetti di quest’ambito. Alla stessa maniera, in Inghilterra venne pubblicato l’articolo “Artificial Intelligence: A General Survey” di James Lighthill (conosciuto come “Lighthill Report”) nel quale traspare tutta la visione pessimistica riguardo il futuro delle IA.

 

Il Disgelo

La ricerca riprese in maniera seria e consistente a metà degli anni ’80 grazie alla progettazione di reti neurali più efficienti e ai successi ottenuti dai sistemi di ricerca e ragionamento automatico che hanno permesso una maggiore precisione della diagnostica medica. Fu proprio quest’ultima la maggiore motivazione che spinse i vari governi ad investire nuovamente in questo settore, sbloccando la situazione di stallo venutasi a creare e aprendo la strada ad una serie di avvenimenti finiti su tutte le prime pagine dei giornali. Fra questi abbiamo lo storico DeepBlue che nel 1997 riuscì a battere a scacchi il campione mondiale Garry Kasparov o AlphaGo che nel 2015 batteva allo stesso modo il campione mondiale di Go, Lee Sedol.

 

Uno sguardo al Futuro

Come accennato a inizio articolo, attualmente le AI sono utilizzate in diversi settori e con ottimi risultati, stanno pian piano entrando nella nostra vita quotidiana grazie alla diffusione di dispositivi mobili in grado di supportare tale tecnologia. Abbiamo citato in precedenza Siri e Google Assistant ma abbiamo ulteriori esempi dell’utilizzo di AI come ad esempio lo sviluppo di algoritmi per la guida autonoma o servizi di ricerca e confronto prezzi di hotel, voli e treni (tra cui Expedia che implementa sul suo portale algoritmi di machine learning). Un’altro esempio degno di nota è Google DeepMind AI, un’intelligenza sviluppata dall’azienda inglese DeepMind (acquisita nel 2014 da Alphabet, società a capo di Google) per la gestione dell’energia elettrica nei propri data center e che permette a quest’ultima di risparmiare diversi milioni (si avete letto bene) di dollari ogni anno. Non solo, verrà a breve utilizzata per l’elaborazione di grosse quantità di dati medici (in particolare mammografie per lo studio del tumore al seno) grazie alla collaborazione tra Google e il Jikei University Hospital (Tokyo).

 

Cosa ci aspetta d’ora in poi? Difficile dirlo, c’è chi ultimamente ha ipotizzato un nuovo inverno nonostante la speranza che traspare dalle dichiarazioni di noti leader di settore tra cui Elon Musk (CEO di Tesla) e Sundar Pichai (CEO di Google). Molti continuano a credere fallimentari gli ultimi passi fatti nel mondo delle auto a guida autonoma o più in generale l’enorme difficoltà nell’utilizzare le AI per la risoluzioni di problemi reali. D’altra parte c’è anche chi ipotizza che nel prossimo futuro, grazie anche allo sviluppo di tecnologie quantistiche, l’avanzamento in questo campo subirà una crescita esponenziale sino ad arrivare alla famosa “singolarità” ovvero il momento nel quale la tecnologia evolverà più velocemente dell’uomo al punto da creare essa stessa nuova tecnologia, tanto sofisticata da renderci difficile capirne i funzionamenti.

 

 

Fonti:

Fabrizio Miranda
Sono uno studente della facoltà di Informatica dell'Università La Sapienza di Roma. La mie più grandi passioni sono l'informatica e l'elettronica. Amo il nuoto, la natura e gli Oasis.

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